Anatomia

Ecco dove Gorgone urla e rinasce, nelle pieghe venose che la carne riscalda, negli occhi fantasma già pieni di nero; tra le cosce si aprono regioni dove il desiderio migra come stormi che il pensiero costruisce: cacciagione che odora di natura, servita su tavolate nel mezzo dei boschi della Borgogna; si mangia con le mani, ci si lascia sporcare e dei resti si nutre la voglia: un'arancia spaccata sul comodino. Si leccano le dita, ma pur sazi, ne vogliono ancora: aver fame con la nausea, ecco il porno, bere per la sete l'albume dell'uovo. Si ignorano le razze, tutti inclusi nel quadrato in cui il cazzo si trasforma nel capriolo docile delle opere di Marc, quasi soppresso dallo sguardo del cacciatore; i fili sono il paraocchi contro la medusa, la rete che protegge dall'abisso: il godimento è sorpassato: ormai è venuto, ma subito torna, spronunciato. E se pur frequentassimo la messa celebrata di spalle, prima del 1975, non ci troveremmo che in questi ammassi di pellicola compatta, tutti affamati di quel pane che rimane nascosto dal corpo filamentoso del prete. Allo Château de Ratilly un cavaliere ormai distrutto dalla guerra si tocca tra le gambe insoddisfatto: i suoi scarti non fanno che eco al tintinnio del suo membro in armatura: non riesce a toccare l'uccello nel suo scrigno di metallo dai molti colori: continua, impotente, si tocca, guarda gli stormi, pensa alla vita, si annoia. Così in queste piccole finestre appaiono i corpi ricoperti dalle polveri di Carrière, dove i volti evaporano: sono i monumenti spezzati che il classico esclude, sono l'orlo inquietante del sangue e lo sperma con i quali brindiamo il giorno di morte.
(Testo di Gabriele Romani)