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(…) a differenza delle già note foto del ciclo Still life for lifelike people, più costruite, preparate con lay out e disegni, le polaroid sono il risultato di scatti rapidi, realizzati senza poter visualizzare chiaramente l'inquadratura. Per l'inevitabile immediatezza e la velocità di concezione, sono scatti più 'caldi', emotivi.
Per Arena le fotografie sono allegorie fuorvianti, luoghi, loghi e logoi della paradossale oggettualizzazione di una realtà fittizia. Ideare un mondo ipotetico, sfidare gli ostacoli della rappresentazione: questo è il vero momento creativo, prima che lo sviluppo dia origine al manufatto. In questo senso, la polaroid riduce la distanza tra il pensiero e il prodotto tangibile, è un'astrazione concretizzata all'istante, un'idea reificata, quasi un action painting.
Nei lavori esposti, divisi in tre installazioni principali, è il corpo il filo conduttore della ricerca.
Il primo gruppo di scatti, del novanta, propone ed oppone immagini di corpi 'viventi' e di statue, fotografati in modo che il movimento della macchina o del soggetto evidenzi l'ambiguità visuale di vita ed artificio(NEOGRIGIO).
Nella serie di scatti successiva, l'attenzione è focalizzata sulla gestaltica, sull'autorappresentazione dei soggetti, in particolare sullo "sconfinamento" gestuale da un'ipotetica identità sessuale preconcetta.
L'ultimo gruppo, coerente con la ricerca degli ultimi anni sulle still life, raffigura soprattutto oggetti, consacrati in chimere di consumo dall'uso dell'iconografia pubblicitaria classica ( BODY OF EVIDENCE).
Arena è anche pittore, e si vede benissimo: le immagini sono pensate come quadri, sono accademiche, equilibrate, perfette, hanno luci, controluci, spot per illuminazioni mirate, colori puri e luminosi, spazi accuratamente bilanciati. A prima vista, sono splendide immagini patinate, che trasudano ottimismo e lusso.
Alla seconda occhiata, è in agguato la nitida violenza dei soggetti, immagini shock che l'eleganza della fotografia potenzia esasperando l'impatto emotivo con il contrasto antinomico. Si tratta di una ricerca in fìeri espressa anche nei due video in mostra, 'still life' ad inquadrature fisse nello stile dell'omonimo ciclo di foto, nelle quali un unico elemento compie o subisce un movimento minimo contraddicendo il titolo stesso. Arena usa l'arte come un grimaldello, che scardina i parametri oggettivi e mette in discussione il rapporto stesso tra visione e vedente. Oggetto e soggetto, 'cosa' ed universo poetico, tutto viene posto sullo stesso piano, con l'azzeramento dell'emotività della visione.
Perché le immagini sono autoritratti spietati. "I gentiluomini scattano polaroid/ e s'innamorano/ soffiami dentro la vita" canta David Sylvian in Gentlemen take polaroids. Così gli oggetti sono alter ego meno implicanti e indifesi dell'anima, che possono essere spacchettati con lo sguardo svolgendo via via i successivi livelli di lettura, se come dice Arena tutti, più o meno consciamente, ci confezioniamo.
Valentina Caserta (Luoghi di tempo, di Francesco Arena (Gentleman take polaroids; 30 marzo 2001 Genova)
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